La farmacia storica
L'arte dello speziale
Veruno speziale possa far siroppi, impiastri, lattovare o alcuna medicina o confezione medicinale se non secondo la forma o modo dato nel libro dell’antidotario […] secondo la ricetta la quale si fusse data dal medico, ne possa far comprare, tenere, ne vendere alcuna confezione o altra cosa falsa o vero non drittamente fatta
Con queste poche, ma essenziali parole, la Mercanzia senese, della quale l’arte degli Speziali faceva parte, fissa, nel 1619, dei limiti precisi agli speziali per svolgere la loro attività.
Il primo vincolo al quale erano sottoposti riguardava l’obbligo di seguire le ricette di un ricettario ufficiale o comunque di un “antidotario” riconosciuto.
Sappiamo che a questa data, Siena non aveva ancora un suo ricettario ufficiale, l’antidotario più diffuso e conosciuto era quello di Mesuè (sec. XI), che i senesi continuavano a consultare nonostante dalla fine del Cinquecento, per volere del governo granducale toscano, fosse in circolazione il Ricettario Fiorentino (1567).
Una storia di famiglie
La storia delle farmacie è, molto spesso, anche storia di famiglie, di uomini, di una professione che ancora oggi si tramanda, in molti casi, di padre in figlio.
Così la storia di una famiglia senese di farmacisti, i Parenti, è intrecciata alle vicende passate di una delle più antiche farmacie della città e a quelle attuali di altre due farmacie, oltre che ai ben noti eventi della moderna commercializzazione dei dolci senesi, che, comunque, affondano le loro origini nell’attività delle antiche spezierie cittadine.
Le prime notizie certe sull’attività familiare nel campo della spezieria risalgono alla fine del XVIII secolo. Nel 1795 nasce Giovanni Parenti, destinato a diventare dottore in scienze botaniche e semplicista, oltre che immatricolato come speziale. E’ lui che nel 1846, affitta l’attuale farmacia di Piazza del Campo, dove già lavorava, per poi comprarla nel 1856, quando acquista anche dei locali posti lungo la via di Banchi di Sopra, nei pressi di Piazza Tolomei, per sistemarvi il laboratorio farmaceutico.
La storia dell’antica farmacia del Campo, è, dunque, strettamente legata, a quella della famiglia Parenti, anche se non ne più la proprietà dall’inizio del Novecento.
L'eleganza degli arredi storici
La farmacia “Il Campo”, assieme a quella dei Quattro Cantoni, rimane a Siena un unicum per la completezza degli arredi antichi e delle decorazioni, praticamente intatta nella sua visione d’insieme di antica farmacia.
Nel 1984 gli arredi della farmacia sono stati notificati dalla Soprintendenza e dal 1987 è stata notificata e posta sotto vincolo anche la destinazione d’uso dei locali ove è collocata.
Gli arredi e i dipinti della farmacia non sono documentati ma è possibile, comunque, mettere dei termini cronologici di riferimento.
Per quanto riguarda i vetri, Gianni Mazzoni ha rilevato una firma frammentaria “[…]achet[…]” in un angolo dello sportello a sinistra della parete di fondo, attribuendone la paternità a Carlo Pachetti Leoni, avvocato e pittore, attivo a Siena alla fine dell’Ottocento del quale si hanno poche notizie.
Si sa che era cugino del più noto Pietro Aldi, sicuramente il suo tramite per amicizie e contatti con pittori come Cesare Maccari e Cesare Mariani, e canale privilegiato nei confronti di altri artisti che influenzeranno lo stile del Pachetti verso la corrente presimbolista. Fra i lavori del Pachetti , che si conoscono, da segnalare il palio vinto dalla contrada dell’Istrice il 22 settembre 1896 in occasione dell’inaugurazione del monumento a Garibaldi.
Gli 11 vetri, dipinti a olio, alternano, su fondo scuro, le menzioni dei premi vinti dalla ditta Parenti nelle esposizioni nazionali ed estere a scritte relative ai prodotti in vendita nella farmacia, come “Specialità della casa”, “Droghe e medicinali”, Cupate e cavallucci”, “Ricciarelli e torrone” o “Prodotti da toeletta” . Le scritte intervallano raffigurazioni pittoriche allusive all’arte degli speziali, alla storia della farmacopea e alla preparazione dei farmaci. La data della realizzazione dei vetri è sicuramente da porre dopo il 1891, termine post quem tratto dalle scritte nei medaglioni.